Da qualche tempo, sono in serio conflitto con la mia parte rivoluzionaria, la mia parte piratesca.

Con #robotmadness stiamo facendo fanart, un'operazione molto comune e vasta su scala mondiale, e stiamo a tutti gli effetti facendo qualcosa di illegale. Stiamo realizzando opere derivative, utilizzando personaggi sotto copyright dagli anni 80, sotto una legge del dritto d'autore degli anni 40.

Non si mette bene, per noi.

Perchè per fare tutto ciò, pur essendo la nostra arte unica e irripetibile, e le nostre interpretazioni dei personaggi altrettanto uniche, abbiamo comunque bisogno del permesso dei detentori dei diritti. Per legge.

Ora, so a cosa state pensando: "Daniele dice minchiate". Ci sono talmente tante fanart di My Little Pony o Pokemon in rete che è impossibile che ciascuno degli autori abbia chiesto il permesso ai detentori dei diritti. Avete perfettamente ragione: non l'hanno fatto. Questo non vuol dire comunque che non avrebbero dovuto farlo!

E si entra così in un sottobosco fitto e popolato, spalmato su tutto il globo e fiorente oggi come non mai: benvenuti nel mondo della pirateria.

Il pirata è da sempre un personaggio molto ambiguo e contestato, e partirei proprio dalla sua figura archetipale per cercare di capire me stesso ed esprimere ciò che sento dentro in questo momento.

Prima di tutto, il pirata è cattivo. È uno che prende con la forza ciò che non è suo, che scorrazza per i mari senza averne diritto, assalta mercantili indifesi e a volte per sfizio anche navi della marina, combattendo nemici al di sopra della propria portata con un'incoscienza e un menefreghismo che non lasciano per niente spazio alla logica.

Ed è così, la logica non c'entra niente.

C'entra la voglia di libertà assoluta, il desiderio di non avere limiti e catene, di non sottostare a nessuna legge che non sia la propria, non perchè la legge sia sbagliata in sè, ma perchè la legge non è stata fatta dal pirata stesso e non lo rappresenta. Le leggi invece che il pirata crea per sè, le rispetta fino alla morte. Ha un codice, il codice del mare, pieno di regole non scritte ma altrettanto vincolanti.

Il suo non è un mondo anarchico, l'anarchia qui non c'entra niente. È la scala di valori ad essere sensibilmente diversa.

Il pirata mette al primo posto la sua libertà.

Ovviamente non prende solo ciò che non è suo, non è solo un ladro. È un eccellente marinaio, un buon combattente, un navigatore esperto e a volte un leader, e in questo caso non può permettere che il suo comando venga messo in discussione.

C'è un altro aspetto del pirata che mi colpisce come un maglio, la sua insofferenza nei confronti dell'autorità costituita, nei confronti della stupidità del potere e dei suoi rappresentanti. La lotta contro il sistema, perchè come sistema lui intende un'oligarchia di ricchi commercianti e figure coronate che badano solo al proprio interesse. Chi non dimostrerebbe insofferenza nei loro confronti?

La mia testa e il mio cuore mi hanno sempre detto di essere più vicino ad un rivoluzionario che ad un accondiscendente. Dico di no e mi oppongo molto più spesso di quanto dica di sì.

Questo ha provocato uno spaccamento netto nella mia realtà lavorativa, una sorta di doppia faccia, un binomismo di cui sono protagonista.

Lavoro per grosse case editrici, è vero. Questa è la mia parte che si adatta al sistema.

Lo fa perchè ho deciso, molto tempo fa, che sarei diventato un fumettista. Mi sono imposto questo obiettivo e per mantenerlo ho raggiunto tutti i compromessi del caso. Eppure.

Eppure non lavoro come disegnatore per grosse case editrici, non solo non ho mai tentato di farlo, ma non ne sento nemmeno il bisogno. Lavoro come colorista, con una responsabilità limitata e una limitata visibilità, nessuno mi conosce per quello che ho fatto nonostante abbia fatto tanto. Io sono il contrario di quello che si potrebbe definire "rockstar".
Mai voluto essere una rockstar, le rockstar hanno un sacco di problemi, col fatto che sono conosciute e adorate e sempre sotto i riflettori. Hanno molti più soldi di me, ma nella mia opinione, vivono molto peggio. Devi esserci nato, per essere una rockstar.

Devi amare la gente più che le montagne, devi amare la chiacchiera più che il silenzio, devi volere il conflitto piuttosto che la pace. Non sono fatto così.

Quindi sì, è vero, la mia parte che si adatta al sistema c'è, ma si è sempre rifiutata di adattarsi troppo e in maniera irreversibile.

Ma dentro me esiste anche un'altra parte, quella che ogni giorno urla perchè la società è immancabilmente ingiusta e le sue convenzioni troppo strette, perchè non si trova a condividere l'opinione della massa, perchè andare controcorrente è quello che gli riesce più spontaneo fare.

Diamine, fare fumetti è già una scelta parecchio controcorrente!
"Daniele, ma non hai visto quanta gente che disegna su internet? Ti sembra così controcorrente?"

Un attimo. Non confondiamo la gente che disegna, con la gente che fa fumetto. Non confondiamo i milioni di disegnatori che si autoincensano per aver fatto una pagina di fumetto o l'illustrazioncina di un primo piano con quelli che invece ne hanno già fatte centinaia, migliaia.

Per me fare il fumettista è una scelta di vita che porto avanti ogni giorno, ma che non avrebbe senso portare avanti se non contribuisse alla mia sopravvivenza. Se non guadagnassi a sufficienza per fare il fumettista, non mi definirei fumettista. Mi definirei uno che come hobby disegna.

Ecco, questo è quello che i milioni di disegnatori che vedete ogni giorno su instagram fanno. Fanno i disegnini. Belli, eh? A volte stupendi e sinceramente più belli dei miei. Ma se non fai diventare quel disegnino lavoro, allora è colpa tua, e non puoi definirti un fumettista. Non puoi. Non farlo.

Perchè sei uno che lo fa per un breve periodo della sua vita, poi non lo farà più. Poi andrai a lavorare per qualcuno, costruirai la tua azienda, farai qualcosa di più redditizio, ma non farai più il fumettista. Vorrà dire che hai disegnato per una parte della tua vita. Una piccola parte.

E hai deciso tu di fare così. L'hai deciso quando non hai mai saputo metterti in discussione con una casa editrice che ti diceva che avevi sbagliato, l'hai deciso quando hai pensato che il tuo fumetto è il migliore fumetto in circolazione, l'hai deciso quando ti sei chiuso a riccio se qualcuno con più esperienza di te ti ha detto che hai sbagliato a fare qualcosa. L'hai deciso quando al posto della solidarietà hai coltivato la spocchia nel tuo cuore, la misantropia, la chiusura sistematica. L'hai deciso quando metterti in discussione per te non era nemmeno un'opzione.

Benissimo, allora muori nella tua solitudine e nel tuo disagio.

Sei stato disegnatore per un po'. Non lo sarai per sempre. Non sarai mai un fumettista.

Se pare che io mi sia allontanato dal topic in questione, non sento che sia così.
Penso di star mettendo a nudo la mia identità di artista.

Non mi sono mai definito così, non mi sono mai definito un artista. Per essere artisti ci vuole tanta più passione di quella che ho io, ho sempre pensato. Bisogna fare le notti, essere pazzi, continuare a produrre senza mangiare dormire ecc.

Ora dopo due anni passati a lavorare ad un progetto che definire idealistico è dir poco, un'associazione in cui personalmente non ho guadagnato niente ma proprio niente, penso che la coscienza della mia passione per il medium fumetto abbia raggiunto un'altra considerazione. 

Non è la passione che mi manca, anche se non mi spinge a passare le notti insonni a rincorrere un'idea, se non mi spinge a rimanere al tavolo da disegno finchè un'opera non è completata.
Quel genere di passione si addice ai giovani e agli irresponsabili, e Dio solo sa quanto vorrei ancora essere così.
Ma la realtà è che non sono più di primo pelo e ho capito che una notte insonne si paga con una giornata persa di lavoro e che la salute è un bene ben più grande della ricerca artistica.

Questo è il genere di artista che sono io, uno che non è consumato dalla sua stessa arte. 

È molto meno romantico, ma molto più duraturo. E io voglio andare avanti a fare quello che faccio per molto tempo, raggiungere mete che ancora non riesco nemmeno a pensare, vedere cosa il futuro ha in serbo per me come artista, le strade che nemmeno io so ancora.

Ora, la mia identità di artista è in bilico e non è ancora definita. Se sto scrivendo questo pezzo, è proprio per definirla un attimo di più.

La mia identità, dicevo, è in bilico. O forse è meglio dire che è in equilibrio.

E questo equilibrio, che a volte mi sembra stabilissimo e a volte invece molto precario, è fra la passione senza regola e la razionalità. Fra il compromesso e l'integrità artistica. Fra la professionalità e l'indipendenza. Fra la legalità e la pirateria. Fra i soldi e la povertà.

Per questo, quando faccio una fanart, sapendo che è solo una piccola parte della mia produzione artistica (ciò nondimeno la considero una parte), non mi sento minimamente in colpa per violare una legge. Non mi sento in colpa nè pentito per aver violato una norma vigente dal 1941 nel paese Italia.

Ciò che viene considerato arte e ciò che non viene considerato tale non è appannaggio di uno stato, nè di un'elite capitalistica che mira al guadagno ottenuto spezzando le schiene dei più deboli. Quello che è arte per me lo decido io, e il mio pubblico.

Lo decido io e me ne prendo la responsabilità artistica, pubblicando quel materiale e dandolo in pasto al popolo. Lo decide il popolo decretando quanto io sarò ricco o quanto morirò di fame nella mia esistenza.

Questa è la mia parte piratesca, quella che fa le fanart e che le concepisce come un frutto del proprio ingegno, un'opera unica che non avrebbe potuto esistere senza di me.
Il fatto che la mia opera si basi su un'altra opera del passato è ininfluente.
Il fatto che questo sia una violazione di una normativa vigente è altrettanto ininfluente.

Andare anche più a fondo per analizzare quale grado di originalità un'opera contiene, andando ad analizzare le meccaniche e le tecniche con cui un'opera prende vita, quali sono le fonti di ispirazione, qual è la componente originale, creativa, quali sono le differenze, è un processo che lascia il tempo che trova. Lo capirebbero in pochissimi e francamente non ha nemmeno senso.

Ma sfatiamo un mito: il diritto d'autore serve a tutelare gli autori. Falso. 
Paradossalmente, una norma come quella del diritto d'autore non è fatta per tutelare i diritti degli autori.

È essenzialmente fatta per tutelare i diritti delle major, per far si che il pubblico compri solo il materiale originale e contribuisca così alla crescita del fatturato annuo aziendale e al benessere di pochi. Questo, la mia parte piratesca lo rigetta interamente.

Non fate gli ingenui, dicendo che il diritto d'autore serve a tutelare il futuro delle milioni di famiglie degli impiegati dell'azienda e che se l'azienda, a causa della pirateria, chiudesse, tutte queste persone si troverebbero senza lavoro e rovinate. Oppure ancora più ingenui, dicendo che i soldi del diritto d'autore vanno all'autore e se ne si fa un uso illegale, l'autore non percepirà quei (due) soldi.

Sveglia ragazzi! Stiamo veramente qui a discutere di chi si spartirà il 10% dell'introito quando nessuno discute mai su chi ne percepisce il restante 90%??

A coloro che ragionano così non ho nulla da dire, posso solo ridere in faccia alla loro ingenuità e alla semplicità della loro visione. Continuate a vivere nel passato e in una legalità senza senso, in una bolla senza tempo in cui non c'è internet, nè amazon, in cui si stava meglio quando si stava peggio perchè i negozi stanno chiudendo e il centro città presto diventerà un centro fantasma.
Il vostro conservatorismo per partito preso non è una delle caratteristiche per cui verrete ricordati, ve lo dico.

Perchè mai la società dovrebbe preoccuparsi  di garantire la ricchezza di queste poche multinazionali invece di tutelare i diritti dei singoli e di garantire loro ogni possibilità per guadagnarsi da vivere con la propria arte?

Badate bene, io non ho bisogno di robotmadness per vivere. E nemmeno il Pieru. Non abbiamo bisogno di guadagnare dalla vendita dei prodotti su REDBUBBLE per sostentarci. Potremmo benissimo fare fanart solo per il gusto di farle, non commerciarle e quindi non entrare in un possibile ginepraio legale. Ma la mia indole cattiva, quella di pirata, mi dice che stiamo facendo una cosa NOSTRA e di nessun altro. Un'opera che mi va di utilizzare come minchia voglio, compresa un'operazione provocatoria come questa.

Potrei anche dire che, se sono furbe, le multinazionali che detengono i diritti di questi personaggi ci lasceranno fare. Se fossero davvero furbe, ci darebbero una mano a promuovere l'iniziativa, commerciale o meno che sia!

Parliamoci chiaro, questi personaggi stanno scomparendo dalla faccia dell'entertainment, solo nell'ultimo anno ci sono stati due soli anime a tema robotico in giappone. Il genere ha disperatamente bisogno di innovazione e di qualcuno che ne faccia la propria bandiera, ha bisogno degli appassionati come noi, che hanno gli occhi a cuore quando sentono un'arma speciale dal nome roboante.

Aziende, voi avete un disperato bisogno di noi, delle nostre fanart, della nostra passione. Mettersi contro di noi significa diventare i classici ammiragli della corona dei Pirati dei Caraibi: stupidi e inutili. Nessuno vuole essere quel tipo di personaggio, nè nella fiction nè nel mondo reale.
Se la vostra massima aspirazione è rendervi antipatici alla gente che vuole bene ai vostri personaggi, qualcosa seriamente non va nel vostro business model.

Ed ecco perchè penso che le fanart stiano creando innovazione. E mercato.

Una mia collega ha dipinto la faccenda delle fanart come un cancro, che sta consumando le fiere del fumetto internazionali. Ci sono intere fiere dedicate al fumetto ormai popolate quasi esclusivamente da banchetti di fanart. La gente passa di banchetto in banchetto a chiedere la fanart di quello specifico personaggio, se non c'è passa oltre.

Per la mia collega questo è scandaloso, ma pensandoci a fondo, non riesco a capirne davvero la ragione.

Forse la ragione risiede nel fatto che il brand di riferimento di una fanart è sicuramente più forte di un fumetto autoprodotto, quindi vendere fanart garantisce un introito superiore che la vendita del proprio fumetto, che in percentuale è conosciuto molto di meno.

Ma in questo non trovo niente di scandaloso. Cavalcare le onde e sfruttare l'opportunità è un atteggiamento piratesco che caratterizza da sempre l'ambito indipendente. Non solo, crea nuovi spazi di mercato in cui l'indipendente può cimentarsi per avere un minimo di successo.

Perchè parliamoci chiaro, vivere del solo lavoro indie non è fattibile, qui o in altre parti del mondo. Ogni aiuto serve per far si che l'arte e il fumetto non scompaiano nel nulla come una meteora nell'atmosfera.

E qui la dico grossa: anche gli aiuti illegali.

La verità è che farei di tutto per permettere al fumetto di sopravvivere, e se questo significa godere di una visibilità superiore sfuttando anche economicamente le spalle larghe di una multinazionale dell'entertainment... beh, cazzo, io ci sto di brutto.

Adoro il lavoro che sta facendo Rights Chain.

Io stesso, da pirata sotto molti punti di vista, non lo capivo esattamente, il perchè adorassi il loro lavoro. Adesso ho qualche idea in più a riguardo.

Lo adoro perchè realmente si occupa di proteggere il lavoro degli autori singoli.

Non si basa sulla protezione di diritti d'autore di aziende dal fatturato grosso più del PIL di una nazione del terzo mondo. Si basa sul dare la possibilità concreta ed economicamente sostenibile di registrare le proprie opere e dare loro una data di nascita, una vita e un creatore. E perchè no, una base per una protezione efficace delle opere, realizzata alla base, alla partenza, di opere che appartengono effettivamente all'autore, qualcuno che ha avuto le palle di non svendere i diritti del proprio disegno al miglior offerente, casa editrice o produttrice che sia. Basandosi sui Creative Commons. 

Io sono praticamente certo che se chiedessi a qualcuno di questi autori registrati su Rights Chain il permesso di fare una fanart con un loro OC, mi direbbero di sì, se non sono dei minchioni senza logica.
Perchè tutto è guadagno in un mondo in cui lo spirito del lavoro è stato ormai quasi completamente sostituito da uno spirito di collaborazione, in cui le opere vengono create, volenti o nolenti, da un'infinità di mani diverse.

La reinterpretazione di un personaggio attraverso fanart (se creditati gli autori che ne detengono il diritto) è un modo per congiungere queste mani, per stringersi a testuggine, per fare comunità e creare modi di collaborazione mutualistica finalizzati a creare mercati e situazioni di guadagno in un mondo che di guadagni scarseggia.

In conclusione: sono un professionista?

, sono una persona che è disposta a dialogare con un cliente stronzo e raggiungere compromessi nel realizzare arte. Questo mi permette di lavorare per case editrici, con editor che spesso mi dicono cazzate e altrettanto spesso mi forniscono un punto di vista differente, un'idea diversa dalla mia riguardo a quello che sto facendo, mettendo in discussione quello che per me è perfetto, facendomi capire che non lo è per tutti.

Mi permette di essere agile, di affrontare lavori diversi l'uno dall'altro, sempre in cambiamento, e di raggiungere le aspettative del cliente che mi comanda. Mi permette di affrontare la vita e le persone che la costellano, anche quelle poco piacevoli, e di testare ogni giorno la mia pazienza e la mia tolleranza e in generale il mio spirito.
Mi permette di raggiungere nuovi livelli di eccellenza non solo nelle cose in cui indubbiamente sono già bravo, ma in tutte le altre.

Sono un pirata?

Cazzo, sì. È l'indole che mi fa ribellare a tutto quanto, che mi fa dire di no alle case editrici quando si vogliono impossessare di qualcosa di mio che sento non dovrebbero possedere, è l'intento sempre e comunque di ribellarmi al potere costituito, perchè non lo riconosco e perchè ho delle visioni in cui quel potere che ora come ora fa più danno che altro non c'è più e in quelle visioni si sta meglio, molto meglio.

È la mia voglia di non sedermi e di non sottostare a quello che va di moda ora, perchè quello che va ora non andrà più fra un paio di anni, sarà obsoleto, e rischio di esserlo anche io se mi accoccolo contro la schiena possente di una multinazionale e faccio sempre quello che lei mi dice.

La voglia di cambiare, o innovazione se preferite, è una parte fondamentale dell'essere artista per me.

Il desiderio di essere altro da quello che si è, la voglia di continuare un percorso senza mai fermarsi, l'evoluzione e la sperimentazione. Questo per me è essere artisti.
Essere artisti per me è sapere che domani farò meglio di oggi, ma adorare per sempre quello che faccio oggi, perchè senza di quello non ci sarebbe quello che farò domani.

Ma fermarsi all'oggi, senza creare nuove formule di arte, questo è la morte di un artista. Mi mette sempre molta tristezza vedere disegnatori che disegnano uguale da anni, molti anni, senza mai evolvere ma piuttosto involvendosi come bacarozzi nel loro bozzolo.

Se mai nella vita dovessi fare così, se non altro per stanchezza, datemi un calcio in culo e ordinatemi di svegliarmi.

Nel frattempo, mi faccio una fanart.